LE CAUSE DEI CASTIGHI DI DIO

                    ;                2 settembre 1917
        Quad. XIII, 17-18
(2 Sett. 1917)
Le cause dei castighi di Dio
S. Alfonso scrive che fra tutti i vizii che attirano la collera di Dio e provocano i castighi pubblici quattro sono i principali: la mancanza di carità del prossimo, le ingiustizie, e specialmente le bestemmie e le diso­nestà. Sono come le porte principali dell'Inferno. Esaminiamo partitamente.
1. Il Signore ama tanto l'amore del prossimo che lo disse suo spe­ciale precetto: hoc est praeceptum meum; anzi il segno di suo discepo­lo: ex hoc cognoscent... si charitatem hab. ad invicem. Quest'amore fraterno lo vuole spinto al perdono dei nemici, senza eccezione (V.S. Alf. — Appar. alla morte — App. Discorso IV).
Nel mondo c'è al presente quest'amore? No; e basta dare uno sguardo... Il Papa già tante volte scongiurò i popoli a non odiarsi, ad amarsi; ma la sua voce non è ascoltata. Sono nostro prossimo tutti, ita­liani, tedeschi ecc., e come si amano?
Perché anche fra noi tanto odio di classe, da prorompere in disor­dini... Almeno noi amiamoci, e non lasciamoci mai tentare di antipatie vicendevoli...; ma neppure tirare a simpatie, le quali conducono alle amicizie particolari, che sono la rovina delle comunità. Guardatevi be­ne da ciò, voi giovani; esaminatevi se amate tutti i vostri compagni egualmente e per amor di Dio e non badate alle doti esterne loro...
2. Seconda causa dei flagelli di Dio sono le ingiustizie nella roba specialmente col furto. S. Antonino dice: nullum peccatum periculosius furto. E perché? Degli altri peccati per averne l'assoluzione basta confessarli con vero pentimento; ma nel furto ci vuole la restituzione, e ciò è molto diffìcile a farsi. Quanti conosciamo usurai od indelicati nel­la roba d'altri, i quali muoiono senza aggiustare le cose rubate. La roba, dice S. Alfonso si fa come sangue proprio, ed è cosa molto dura ca­varselo per darlo ad altri (V. S. Alf. l. cit.).
Siamo da giovani delicati della roba altrui; non fosse che un penni­no, non ce lo teniamo; nulla, nulla di altri... Ciò che non è nostro deve bruciarci le sacoccie. E più ancora la roba della comunità che è come sacra, e dobbiamo usarla per necessità e nulla più.
3. Le bestemmie. S. Giov. Gris. disse: blasphemia pejus nihil. È un peccato diabolico soggiunge S. Antonino (V. S. Alf. l.c.). Già nell'An­tico Testamento i bestemmiatori venivano lapidati; e S. Luigi Re di Francia ordinò che il bestemmiatore fosse segnato con un fuoco infuo­cato sulle labbra. E non è troppo perché il peccato della bestemmia è di­rettamente contro Dio, che ci creò, ci conserva ecc. Dio perciò punisce la bestemmia anche in questo mondo con castighi temporali. Spetta a noi riparare a tante ingiurie che si fanno a Dio; dire giaculatorie quan­do sentiamo bestemmiare, ed anche prima quando possiamo pensare che carrettieri o simili bestemmieranno. Sovente il Signore chiude loro la bocca e tacciono.
Questo è il peccato più comune tra i nostri soldati anche al fronte, che non cessa al pericolo della morte. Poveri infelici... Colà, come nei quartieri c'è la proibizione civile di bestemmiare e di parlare oscena­mente; ma quanti ciò osservano? Quindi la guerra feroce e distruttiva è castigo di Dio specialmente per questi due peccati: Blasphemaverunt Sanctum Israel; terra vestra deserta desolabitur (Isaia). Pro nullo pec­cato Deus manifestam justitiam exercuit Deus, quam pro isto (disone­stà) (V. l.c.).
4. Disonestà. È il peccato più comune nel mondo, e più riempie l'inferno di anime. Anche in questo mondo Iddio castiga cotesti pecca­tori. Es. il diluvio e la Pentapoli. Negli individui colla perdita dell'inge­gno e malattie che consumano prima di tempo...
Per nostro conto impariamo a sempre più amare la bella virtù; te­nendoci lontani da tutto ciò che può appannarla. Fuggiamo le occasio­ni pericolose, mortifichiamo i nostri sensi, e particolarmente freniamo la nostra fantasia, ed aborriamo le amicizie particolari, anche le simpa­tie con qualche compagno. Non biglietti scambiati fra voi, non prefe­renze; ma esaminarvi se volete bene a tutti egualmente e per amor di Dio, non per qualità esterne.
                  P.P. Albertone, quad. VII, 50-52; 56
Conf. del 2 Settembre 1917
Oggi avete consolato N. Signore, speriamo che sia contento e che abbia risparmiato i castighi che si meritavano. Una volta quando accadeva qualche cosa così, il Signore castigava ipso facto.
C'è un paese Piovano (?) [ = Piova] del Card. Massaia, un po' cattivo, e un tale aveva preso il crocifisso e l'ha fatto bollire: certo era un perverso, ma c'era un po' di approvazione generale... e dicono che da quell'anno tutti gli anni viene una grandine che devasta tutto: certi delitti il Signore li castiga in questo modo!
Ieri il Can. Cappella è stato dal Parroco della Madonna della Pace: è un sant'uomo che ha fabbricato quella chiesa; senza chiamare un soldo alla po­polazione. E ha raccontato che è stato due ore e mezzo in sacrestia, tutto in mezzo a quella gentaglia, e che sembravano tanti diavoli! e che sono entrati ed hanno svaligiata tutta la casa prima che arrivassero i soldati, non gli hanno la­sciato più una camicia, un mantile, né io, diceva, né la serva, né mio fratello, non abbiamo proprio più niente neppure per cambiarci. In sacrestia aveva un armonium, e l'hanno rotto e fatto a pezzi; avevo un paramentale di cui solo la stoffa mi costava più di mille lire e l'hanno portato via.
Ottanta tovaglie da altare, hanno portato via tutto fino ad una, così di tutto il resto, e c'è più niente! E poi sono arrivati i soldati e sono fuggiti tutti subito, ma si! chiuso la stalla i buoi eran via!
Intanto li tratteneva lì perché non andassero in chiesa, e quando ebbero finito appunto di rovistare per la casa e la sacrestia volevano andare a tutti i costi in chiesa, e lui ha detto che non avevano ancor trovato tutto: «cercate, cercate, non avete ancor preso tutto» - e hanno cercato e hanno trovato un ve­stito, e l'hanno preso in mano, e poi l'han buttato via dicendo: «oh! 'n strass!» e non l'hanno preso. E c'erano due mila lire dentro che vi aveva mes­so per pagare poi imposte ecc., e poi finalmente non potendo tenerli sono poi andati in chiesa; e dice: «mi son messo davanti al Tabernacolo, e se volete ve­nire qui, dovete uccidere me prima!». Ma poi è giunta una guardia, ha sparato e sono fuggiti subito tutti! e sono poi giunti i soldati... Dice che sono persino entrati in un ufficio dove aveva una nota degli indirizzi per un suo periodico, e diceva: «Lasciate stare, a voi non importa quello, e a me fa un danno immen­so!» ma sì! erano furibondi, ed hanno stracciato e bruciato tutto! E intanto pensava: al Signore ne hanno fatto più di me! io, per me, sono povero, per me penserà il Signore!
Io gli avevo scritto una lettera consolatoria, in cui gli ricordavo quello della S. Scrittura: ibant gaudentes, ecc. E ha detto al Can. Cappella che l'ha consolato... e poi gli ho mandato un'offerta, l'ha presa e ha detto: Dica al Ca­nonico che quest'offerta mi va al cuore, e la restituisco ai Missionari in offer­ta. Dica al Rettore che a me penserà la Provvidenza! I missionari ne hanno più bisogno di me.
Gli hanno portato via materassi, ecc. ma pure è tranquillo. Ha ormai più di 80 anni; immaginatevi una scena simile per più di due ore a quell'età! Pen­sare che dovrebbero baciare la terra dove passa! E ha un bollettino che lo sparge ai quattro venti, e gli hanno bruciato tutti gli indirizzi...
Che cosa volete? sempre la guerra del male contro il bene!
C'è, leggevo in S. Alfonso, che parla dei castighi pubblici del Signore, in questo mondo, e ne studia le cause principali per cui il Signore castiga grave­mente i popoli, e le cause principali per cui, le porte principali per cui si entra nell'inferno, che sono la stessa cosa; e dice:
1°) La mancanza di amore del prossimo!
2°) La mancanza di giustizia.
3°) Per le bestemmie.
4°) Per la mancanza di moralità, per i peccati d'incontinenza.
1° Massimamente è la mancanza di carità nel perdono delle offese. C'è l'amore nel mondo? che gusto di andar uccidere il prossimo! in questi giorni hanno dato una prova. Non potendo sfogarsi sempre contro gli individui se la son presa anche contro le piante. (Nello sciopero avevamo atterrati parecchi alberi dei corsi) — Quante cose: a S. Bernardino hanno bruciato più di un mi­lione di roba. Non c'è più amore! e tanto più non c'è perdono! Non c'è carità, eppure il Signore ha detto che questo è il suo comandamento! e quando non c'è questa virtù, il Signore castiga. Mancanza di perdono vicendevole. Regna l'odio. Questa è la prima causa dei delitti pubblici per cui vengono i mali pub­blici.
La seconda causa è la mancanza di giustizia. S. Antonino ha detto: Nullum peccatum periculosius furto. Perché? Perché per gli altri basta pentirsi, ma per chi ruba, sia poco sia anche un milione, non remittitur peccatum nisi restituatur oblatum! Quanti rubano?! Adesso in tempo di guerra quanti si fanno ricchi! Massimamente non si fanno scrupolo di portar via la roba altrui, massime tra soldati: tanto che uno non può più assolutamente fidarsi di lascia­re nulla scoperto.
Nullum peccatum periculosius furto! Perché pericoloso? Perché quello che uno prende diventa suo sangue, e uno non vuol più privarsene, chi vuol privarsi del suo sangue? e deve morire, e poi? Alle volte si va ad assistere un usuraio, e tutti lo sanno che colui ha rubato, solo lui non ci pensa! Lasciano poi qualche cosa al Cottolengo, e basta. Ma è solo in caso estremo che si deve restituire a quel modo, quando si può bisogna restituire proprio alla persona a cui si ha rubato. Non si può restituire al Cottolengo o ad altri, bisogna, fin che si può, restituire al padrone. Va bene che ci siano delle cause scusanti, tutta­via... Quanti confessori restituiscono, anche senza far sapere nulla si può far restituire...
Un tale in un paese aveva la mania di rubare così... e il suo campo veniva sempre più largo, e di tanto in tanto trasportava i confini, rubava sempre un pezzettino per volta, e aveva sempre da disputare coi vicini! e così si ingrandi­va sempre la sua vigna. E poi quando era il tempo del raccolto stava sempre là tutto il giorno, e raccoglieva sempre dalle vigne d'intorno, e poi portava nella sua vigna, e così tutto veniva sempre dalla vigna. Ah, guai se ci lasciamo attac­care alla roba. S. Alfonso narra una leggenda. Dice che un romito una volta vide una visione: e vide che i diavoletti andavano a concilio, ed il capo dei de­moni lo sgridava perché tentava uno che aveva rubato. E l'altro rispondeva che lo tentava perché non restituisse. «Tempo perduto!» rispondeva l'altro. «Chi ha rubato non restituisce di sua natura!» — È un fatto, a chi ha rubato, per cavargli la roba... ma!
S. Alfonso dice che questo è il secondo male che attira i castighi di Dio. Ma i principali sono la bestemmia e la disonestà.
Persino il buon senso ispira il governo a dare ordine di non bestemmiare e non parlar male. Eppure che cosa si sente! Tutti i nostri scrivono che è una co­sa che fa orrore! Queste sono due cose gravissime! S. Giov. Gris. dice: Blasphemia pejus nihil! perché la bestemmia è direttamente verso Dio. E S. Ber­nardino da Siena dice che è una cosa diabolica.
Nell'Antico Testamento i bestemmiatori erano lapidati, e certo! perché se merita l'inferno, l'inferno è meno della morte? Nei secoli cristiani i bestem­miatori erano marchiati in fronte e sulle labbra con un ferro rovente. S. Luigi di Francia aveva ordinato di macchiarli sulle labbra. Un giorno un signore aveva perdonato e andarono a intercedere per lui. «No, non sia perdonato!».
Direte sono cose da inquisizione! No, è noi che giudichiamo male. Il sen­so cristiano dice così. È un danno comune e i governi veramente cristiani sta­vano attenti alla bestemmia. È meglio essere macchiati e mettersi a posto. E se il Signore ci facesse un po' morire? Andremmo all'inferno!
Riguardo alla disonestà, eh, vedete ... sono molti, molti, molti! dicono che sono debolezze umane. No! Stiamo attenti, miei cari, stiamo attenti a usa­re i mezzi necessari per non cadere: il Signore manda grandi castighi: il dilu­vio, la Pentapoli... sempre per questo. Non parlo di tentazioni, perché sicuro, le tentazioni non si possono evita­re tutte: solo qualche santo fu esente; ma bisogna usare i mezzi! E neppure non credere che l'età faccia, no! A tutte le età vengono queste tentazioni! in tutti gli stati. E sia ai sacerdoti sia all'altra gente, vengono a tutti.
Ma se si usano i mezzi necessari, se si sta attenti, in qualunque stato si evi­ta di cadere, si evitano i peccati; e se non si sta attenti in qualunque stato si pecca! Bisogna stare attenti mentre siete giovani, perché chi prende questo vi­zio non lo posa più. E ... non è la fine del mondo! tutto sta usare i mezzi ne­cessari! e fin da principio. Non bisogna leggere tutte le curiosità, tutti i pezzetti di carta, fin nel cesso, leggere tutti i pezzi di carta che si trovano! È una sciocchezza che può far venire delle storie. E quando a letto non potete dormi­re, pregate! Multum malitia docuit otiositas!... e tanto più quella! Così sarete più tranquilli se userete i mezzi necessari; perché il Signore questo lo castiga anche in questo mondo. E anche in zona di guerra per questo sono pieni gli ospedali, è un castigo delle stesse passioni.
Bisogna stare attenti alle sensibilità, alle piccole amicizie. Attenti da prin­cipio a non voler più bene a questo che a quello, e poi amicizie particolari... guai a queste cose! si passa a fare bigliettini, a contrarre simpatie... nessuna simpatia! Quello mi è più simpatico, quello meno! No! Nulla di più cattivo! devono essere tutti simpatici egualmente e non si ha da preferire nessuno; nes­suno che non vada tanto a genio! Le genialità rovinano la Comunità. Non ces­serò mai di raccomandarvi questo, e voi esaminatevene ora e sempre. Bisogna voler bene a tutti. Non bisogna trovarsi più con questo che con quello, sono cose da stare bene attenti!
E poi occupatevi! Nessun pensiero cattivo può venire in mente, perché il pensiero cattivo non può trovare il posto se si lavora. Queste cose vengono dal mondo, e perciò non dovete aver nessun pensiero di mondo... Anche a S. Girolamo, in mezzo alla continua penitenza venivano in mente i teatri di Roma. Bisogna fuggire l'ozio di testa specialmente... Vedete, anche il lavoro fatto là adesso (i giovani avevano lavorato attorno al legno per l'inverno) vi serve...
E quando non bastava, S. Francesco s'è gettato là nel prunaio... si è stra­ziata tutta la carne... perché la carne bolliva... ed io l'ho visto, ancora adesso, il Signore ha fatto il miracolo, e si vedono tutte le foglie macchiettate di rosso... E S. Bernardo si è gettato nell'acqua gelata!
Quello che vi raccomando: via le simpatie! Siamo tutti fatti ad immagine di Dio! e neppure bigliettini: se i superiori ve lo prendono vi offendete... guai se vedo dei bigliettini! Se c'è qualcosa da dire, si dice in pubblico! Perché vo­lersi bene solamente tra due? Qui dentro queste cose non devono avvenire... Ringrazio sempre che quando ero in collegio c'era una vera persecuzione a questo! Così anche per un regaluccio: si fa a chi ne ha più bisogno... se no fac­ciamo torto a tutta la comunità, tutt'al più in famiglia si fa al più bambino! Bisogna avere simpatie solo col Signore, perché non c'è pericolo!