Vi ringrazio
delle cose che mi avete detto: certamente mi sono andate al cuore come sempre... non son solo parole... in tutti vedo che
è il cuore che parla.
Credo di poter leggere dentro il vostro cuore e leggerò ancor meglio
quando mi darete la lettera solita.
Stamattina nella S. Messa, vi ho
ricordati tutti e ho domandato tante cose al Signore per la vostra santificazione. Prima di tutto gli ho raccomandato
tutti i vostri defunti, e poi i vivi. N. Signore aveva già voluto prendere una rappresentanza di tutti i
nostri Missionari: Sacerdoti in Africa e qui, Chierici e Coadiutori. Mancava ancora la rappresentanza degli studenti; e in
questi giorni egli ha voluto prenderci anche uno Studente, quell'angelico giovane Marchina Pacifico. Era necessario
che in Paradiso fossimo tutti rappresentati;
perché lassù in Paradiso si mettono d'accordo
tutti i nostri Missionari per pregare per noi l'Eterno Padre, il Suo Divin Figliuolo, Maria SS. e S. Giuseppe, e
ottengono tante grazie all'Istituto...
Questo giovane aveva tanto affetto all'Istituto. Adesso che era a
casa, sospirava tanto di tornare, quel caro Pacifico, e mi scriveva delle lettere così belle! Diceva:
«Purché possa tornare, o almeno morire nell'Istituto, io sarei tranquillo».
N.
Signore non ha voluto, ma è morto proprio bene, col sorriso sulle labbra, e pregando....
Poi ho
raccomandato i vivi.
Prima ho raccomandato i più vicini, tutti quelli che siete qui, e ho
domandato tante cose per voi. Dopo quelli che sono in Africa, e certamente c'è bisogno che S. Giuseppe
benedica le nostre Missioni; finora le ha sempre benedette... le Missioni sono di grande gloria di Dio, e lo
confesso, sono la mia più grande consolazione. I sacrifizi che si fanno per il bene delle anime, sono sacrifizi che
consolano.
In questi giorni a Roma il Card. Van Rossum, mentre venivamo via, si è messo a
ringraziarmi tanto di tutto il bene che facciamo alla Chiesa. Io gli ho risposto: «È un dovere! Bisognerebbe
non essere sacerdoti per non sentire lo zelo delle anime!». «Sì, diceva, ma questo è più
di quel che potrebbe fare, non sarebbe obbligato a far tanto», e mi ha rinnovato i suoi ringraziamenti. Questo
è segno che i nostri Superiori ci vogliono bene; godete molta stima, vi apprezzano più di quel che
meritate. Un altro alto prelato mi diceva che i Missionari della Consolata, sono molto conosciuti a Roma, più di
tanti altri Seminari là vicini, e ne hanno una santa invidia. E io gli ho detto: non è il caso di aver
invidia, ci son quattro gatti... son piemontesi!...
Specialmente ho pregato e ho raccomandato tanto al
Signore i defunti e poi tutti voi, che siete qui e quelli che vorranno venire. Che io ci sia o non ci sia, non è
necessario...
Certamente procurerò di fare onorare molto il nostro
Venerabile. Egli è un gran santo: ha fatto niente o poco di straordinario, ma ha fatto tutto bene. L'avete lodato
bene, e merita di essere lodato. A Roma dicevano: «Fatelo conoscere, basta la semplice idea di Don Cafasso per
far del bene».
In qualunque stato e in ogni tempo fate come lui, anche le cose piccole fatele
sempre bene. Questo vi serva di sprone... se egli fosse nato adesso certamente si sarebbe fatto Missionario,
perché un prete zelante non si contenta di queste quisquiglie: ma allora non c'era nessun Istituto. Una volta
andando a S. Ignazio, parlava delle Missioni come uno che sente di dentro l'ardore e l'amore delle anime. Noi siamo suoi
parenti: non è il sangue che faccia, quello è niente; quel che fa è l'essere attaccati. Naturalmente
io come parente più prossimo ho ricevuto una speciale benedizione dal S. Padre e l'ho ricevuta anche per voi
che siete come affigliati a D. Cafasso, siete figli per adozione.
Questa festa di S. Giuseppe non deve mai
passare così... ma deve sempre essere fruttuosa: fortificarci nello spirito e nel fervore, servire a tirarci su, se
fossimo andati un po' giù.
Del resto i Superiori sono contenti di tutti voi: non ho mai più
ricevuto lamenti da nessuno. P. Superiore dice che avete tutti buona volontà, così il Direttore
degli Studenti. Del resto è segno che fate bene perché il Signore non ci ha ancor lasciati morire di fame:
questo è segno che il Signore è contento di voi. Io glielo dico sempre: se non siete contento di noi
lasciateci mancare il pane, lasciateci morire di fame. Quindi se fin d'adesso il Signore ci ha sempre mandato tutto
il necessario, è segno che fate bene.
Ringraziamo il Signore, siamo contenti! Continuate a pregare
per me e per il Sig. Vicerettore.
Un giorno vi racconterò una bella grazia che ci ha fatto S.
Giuseppe in Africa. È proprio S. Giuseppe che ce l'ha fatta; ma adesso non ve la posso ancora
raccontare...
Adesso benediciamo i berretti di divisa. Sono proprio la divisa dell'Istituto. Dovete
riceverlo come cosa sacra, e poi diportarvi in modo degno dell'Istituto, si da non disonorare questa divisa.